| Tirabassa |
| | Grazie a Paola, eccovi alcune foto che, anche se postate forse in passato, sono sempre bellissime da rivedere...non pensate?
DA: http://www.teatroteatro.it/galleria.asp?idscheda=1493
E pure un'intervista...
"Intervista a Giorgio Tirabassi, one man show del suo Coatto unico... senza intervallo
Giorgio Tirabassi ci presenta il suo nuovo spettacolo di cui è autore, regista ed interprete. In Coatto unico… senza intervallo il poliedrico attore recita, suona e canta instancabilmente per un’ora e mezza.
Iniziamo subito dal suo nuovo spettacolo, Coatto unico… senza intervallo: qual è stata la genesi?
Innanzitutto questo spettacolo era nato per l’esigenza di mettere in scena qualcosa di proprio. Avevo scritto due canzoni che raccontavano di personaggi di periferia, poi mi sono sentito in dovere di “andare avanti” scrivendo dei monologhi, e alla fine è venuto fuori uno spettacolo che ha per protagonisti quelle persone ai margini della città (che vivono in periferia o in provincia), ai margini della società e, spesso, ai margini dell’illegalità. Uno spettacolo divertente anche se, con amarezza, ammetto essere “ispirato” dalle disgrazie altrui. Dopo questa lunga pausa dovuta alla televisione, l’ho ripreso oggi ben volentieri: al titolo ho aggiunto quel “senza intervallo” proprio perché non ho mai smesso di pensare a questo materiale. Certo, l’ho riscritto, ho spostato la scaletta, ho sostituito dei passaggi, ne ho messi degli altri… ho persino riarrangiato alcuni pezzi del classico repertorio romano.
Lo ha “ripreso” dopo dieci anni e ha deciso di portarlo in giro per l’Italia anziché rimanere nelle piccole realtà della provincia di Roma, come invece aveva fatto nel 1997. Come mai?
Mi è sembrato un passo da adulto uscire dai confini di Roma. Abbiamo, sì, cominciato con i piccoli teatri di provincia nella scorsa stagione, ma poi quest’anno abbiamo deciso di toccare città grandi, importanti… All’inizio c’era un po’ di preoccupazione, però la risposta del pubblico è stata positiva. Certo, lo spettacolo è impregnato di romanità, sono toccate caratteristiche dei quartieri di Roma e i personaggi parlano romano, ma un attore sa come farsi capire. E poi, in fondo, sono tratti comuni a tutta Italia, basterebbe cambiare l’ambientazione e il dialetto e di colpo diventerebbero storie di milanesi, ad esempio.
Dando un’occhiata alle date e alle tappe della sua tournée, mi sembra che abbia prediletto toccare più città e restare in scena uno o due giorni piuttosto che rimanere in cartellone per diversi giorni e rinunciare a qualche tappa…
Assolutamente sì. In scena ci siamo noi e gli strumenti (Daniele Ercoli al contrabbasso e Giovanni Lo Cascio alle percussioni, n.d.r.), quindi lo spettacolo è molto agile, facile da allestire e così una tournée serrata si può fare. E poi questo ritmo battente è un aiuto, perché per un mese o tre settimane allo Smeraldo, ad esempio, bisogna mettere in moto una macchina promozionale che non finisce più. Invece così ci affidiamo al pubblico, che si dimostra sempre molto attento… c’è molta voglia di venire a vedere lo spettacolo insomma. Senza considerare che nelle grandi città c’è spesso il pericolo della routine, quindi il pubblico più avvezzo è attirato dalle proposte nuove.
Ma questo spettacolo così fortemente romano com’è accolto nelle altre città?
Le risposte del pubblico sono più o meno le stesse: il romanesco è una lingua che lascia intatto l’italiano, che per sua natura ha tante sfumature. Certo, qualcuno si perde qualche parola, ma abbiamo preparato un glossario per spiegare molti termini, anche se ormai sono diventati quasi di uso comune e si leggono anche sui giornali, magari virgolettati, come “sòla” ad esempio. E poi c’è da dire che il sarcasmo romano ha contagiato tutta l’Italia, e piace. Basti pensare ad Alberto Sordi, che ha conquistato tutti non perché aveva un accento romano ma perché rappresentava l’uomo medio di quei tempi ed era compreso da Nord a Sud. Sordi è stato depositario di una serie di cose che altrimenti sarebbero andate perse, così come lo sono anche Monicelli o Scola. Io, dal canto mio, porto in giro questa lingua facendo capire che non è legata soltanto ai cabarettisti romani, che non c’è soltanto il romanesco metropolitano ma anche quello colto, forbito. Perché cerco di raccontare il coatto non nell’accezione di Verdone, per intenderci, ma nel senso di costretto, come il “domicilio coatto” ad esempio: i miei personaggi sono costretti a vivere nelle periferie dove sono nati, come nella provincia, nei quartieri degradati delle grandi città…
I personaggi che lei racconta sono frutto di quello che lei, da romano, vive e vede nella sua città oppure sono ispirati a persone che ha conosciuto realmente?
Beh, come per tutte le cose c’è una parte di vissuto e una parte di fantasia… se conoscessi così bene questi personaggi non farei l’attore! Ma sono cresciuto nei “quartieri nuovi” di Roma, che sono diventati centralissimi ora, e ho lavorato al Mattatoio, un posto dove incontravi di tutto… e poi c’è stata la strada: da ragazzino ho vissuto sulla strada, una palestra molto importante.
C’è un personaggio o una storia che preferisce di più tra tutti quelli che lei rappresenta in Coatto unico…? Perché?
Lo spettacolo è pensato e realizzato per divertirsi sia sul palcoscenico che in sala, quindi mi piacciono un po’ tutti -e mi piace soprattutto il fatto che ciò che faccio in scena è totalmente diverso da quello cui sono abituato in tv, dove non canto e non suono. Se proprio devo scegliere un personaggio ti dico Arcangeli Angelo detto Angioletto, che è un truffatore specializzato nelle truffe agli enti pubblici; un vero professionista, come ce ne sono tanti oggigiorno. Ma sono parecchio divertenti anche Nello e Rufetto, due rapinatori molto iellati.
Lei è un attore davvero trasversale: tocca indistintamente teatro, cinema e televisione. Cosa le piace di più -sempre se può esserci qualcosa che dia maggiore soddisfazione?
Dire che il pubblico ti dà quel qualcosa in più francamente mi sembra un luogo comune. È il progetto buono a darti soddisfazione, se ci credi. Il lavoro di un attore è riuscire a dare emozioni alle persone attraverso una storia, non importa se sei su un palcoscenico o davanti ad una macchina da presa. Certo, lavorare al cinema e lavorare a teatro è molto diverso. Alcuni colleghi, ad esempio, si trovano a disagio coi tempi del cinema, non concepiscono rimanere tutto il giorno sul set a registrare o, peggio, restare tre ore in roulotte ad aspettare che si finisca di girare una scena. Io però mi trovo bene. Anche se effettivamente la televisione è una macchina da guerra.
Recentemente ha dichiarato di essere in qualche modo stato deluso dalla piega che ha preso Distretto di polizia, serie tv che l’ha fatta scoprire al grande pubblico. Ma quindi: dove finisce la “comodità” di una fiction di successo che regala fama, successo e apre qualche porta in più, e dove inizia la “scomodità” di quella stessa fiction, che blinda gli attori e rischia di incastrarli in un personaggio o in un certo genere?
Vedi, quando accetti di fare una serie tv firmi sin dall’inizio già per due stagioni, quindi non sai cosa andrai a fare. Poi man mano che vai avanti ti rendi conto della direzione che stanno prendendo le cose… il rapporto tra un attore e una fiction è come una storia d’amore: c’è prima l’infatuazione, poi la passione, e poi però inizia il quotidiano e devi inventarti qualcosa per evitare il pericolo di una routine alienante. È chiaro, il personaggio ti rimane addosso in ogni caso, ma quello tanto è già successo… l’importante secondo me è fare anche altre cose. Il punto è che quando qualcosa funziona si finisce per non cercare più una strada nuova ma percorri quella che già hai fatto perché più sicura. Per carità, io devo moltissimo a Distretto ma sinceramente avrei fatto fino alla quarta stagione; poi però ho avuto la possibilità di prendermi un anno sabbatico (e ho fatto Paolo Borsellino e una cosa a teatro), ci siamo messi d’accordo con la produzione e così non ho più lasciato, almeno finora. Al momento stanno girando la nona…
Lei invece ha girato un’altra fiction, I liceali: è pronta? Quando andrà in onda?
Tra poco, a metà marzo sul digitale terrestre e a metà aprile su Canale 5. Questa nuova fiction è stato un piccolo passo avanti: finalmente scompare quella componente melodrammatica di Distretto, qui c’è commedia, si trattano temi importanti ma con leggerezza. I liceali parla di adolescenti, di liceali un po’ svogliati e sbandati che si trovano a dover fare i conti con questo professore “tutto d’un pezzo”, venuto da fuori, e di fronte al quale si trovano ovviamente a disagio. Poi, però, com’è facile intuire le cose cambieranno…
Per concludere, un accenno alla data romana di Coatto unico… che terrà per beneficenza
Lunedì 17 marzo saremo al Teatro Vittoria con una replica il cui intero ricavato sarà devoluto alla Giuseppe Papa Home Care Onlus, un’associazione che si occupa della prestazione di servizi di assistenza domiciliare ai pazienti affetti da problemi onco-ematologici provenienti da tutti i reparti dell'Ospedale S. Eugenio.
Laura Spina"
DA: http://www.teatroteatro.it/articolo.asp?idarticolo=1561
| | |
| |
|